«Ho scelto di interpretare il personaggio di Saverio Barone perché anche io, come lui, ho la forte volontà di affermarmi e di essere riconosciuto con un ruolo specifico. Il che non significa fama, ma vivere nel tuo branco con un ruolo ben preciso».
Si racconta così Francesco Montanari, 34 anni il prossimo autunno. Sguardo diretto e un talento innato che gli ha permesso di interpretare, in maniera impeccabile, tanto il mondo criminale quanto quello dei servitori dello Stato. Dal feroce “Libanese” al giovane Pm de “Il Cacciatore”, interpretazione che gli è valsa il titolo di “miglior attore di serie tv” al Canneséries, il riconoscimento per la miglior interpretazione maschile per la fiction dedicata al magistrato Sabelli. Un talento costruito con una lunga gavetta a teatro ed esploso poi in Tv e sul grande schermo. E grazie alle sue interpretazioni sempre più convincenti, il “Libanese” di Romanzo Criminale è stato uno dei super big dell’ultima edizione di Etna Comics che si è tenuta a Catania lo scorso giugno. E sono tanti i progetti futuri che lo vedranno protagonista: dal corto “La notte prima”, presentato alla 75ma Mostra del cinema di Venezia, al sequel del Cacciatore (come annunciato a Cannes), a un nuovo film tratto dal romanzo di Pino Corrias “Dormiremo da vecchi”, che uscirà l’anno prossimo.
In Tv ha interpretato tanti ruoli diversi. In base a cosa sceglie?
«In base all’umanità che mi interessa in quel momento storico. Mi piace osservare i miei coetanei e cerco di capire, in base alla mia sensibilità, cosa possa essere utile e costruttivo nel linguaggio collettivo e comune. Cerco di indagare in quel senso.»
Nella serie Tv Il Cacciatore interpreta il giovane magistrato Saverio Barone. Quanto c’è di lei?
«Un attore mette tutto se stesso in ogni ruolo, per cui c’è sempre tutto di te e al contempo niente. Saverio Barone è un ragazzo che non vuole più essere trattato da ragazzino. Ha un rapporto conflittuale con il suo mentore che tende sempre ad umiliarlo. Ad un certo punto Saverio deciderà di non farsi più mettere sotto da nessuno. E quando, all’età di 30 anni, entrerà nel pool antimafia dove tutti i magistrati sono più grandi di lui e lo trattano come un novellino, Saverio userà questa determinazione per autoaffermarsi. Ho scelto di interpretare questo personaggio perché anche io, come lui, ho la forte volontà di affermarmi e di essere riconosciuto nel collettivo con un ruolo ben preciso. Il che non significa fama, bensì è un vivere nel tuo branco con un ruolo specifico».
Perché sceglie spesso prodotti che parlano di mafia?
«Romanzo Criminale è andato bene ed è diventato quasi mitologico per un motivo specifico: non tanto per la storia romanzata della banda della Magliana, quanto per gli otto ragazzini del muretto che invece di farsi le canne e perdere tempo, avevano un progetto comune, che io chiaramente non condivido perché è un’associazione a delinquere. Nella serie, dove interpreto il ruolo del Libanese, il fondatore insieme agli altri di questa banda, il mio personaggio desidera fondamentalmente essere amato dalla madre. L’abbandono, da parte di quest’ultima, lo farà sprofondare nella disperazione. E nella scena finale, quel ragazzo che per 12 episodi è stato prepotente e arrogante con le pistole, mostrerà tutta la sua umanità e fragilità domandandosi perché la madre non l’abbia mai amato. Ed è lì che ti affezioni al personaggio. Achille Ferro di Squadra Antimafia, era un uomo che voleva l’affetto del padre. Quindi parliamo di caratteri e personalità dove, alla fine, il contesto criminale è sempre molto marginale. Con questo però non voglio dire che c’è bisogno solo di contesti criminali, anche se c’è sicuramente un’imprenditoria produttiva che sfrutta questi macrocontesti per arrivare meglio alla gente.»
E Saverio Barone ha le stesse mancanze?
«Saverio Barone non ha questa mancanza umana ma vuole affermarsi proprio come voglio fare io e in un ruolo come quello che interpreto ne Il Cacciatore il mio senso civico di cittadino collima alla perfezione con il mio appagamento artistico.»
Ci sarà un sequel?
«Il Cacciatore esce da un lungo percorso che ci ha visti premiati non solo a Cannes ma anche e soprattutto in termini di ascolto. Per cui si, ci sarà un sequel.»