«Se tornassi indietro non rifarei più X Factor e non mi innamorerei più di Asia Argento. Ma non ho smesso di credere nei sentimenti e anche se non sembra sono molto romantico »
Artista poliedrico, poeta-cantautore intenso, capace di stregare con il suono del suo pianoforte e la complessità della sua mente, Morgan, vero nome Marco Castoldi, nel privato è un uomo segnato da una grande tragedia, il suicido del padre. Oggi, alla soglia dei quarantatré anni, con due figlie e una nipote (figlia della sorella Roberta, poetessa, ricercatrice per la Commissione europea e violoncellista) e tanti dischi venduti, accantonata la Tv, Morgan torna alla ribalta del panorama musicale con ben tre album in uscita a fine anno. E tanta voglia di parlare senza peli sulla lingua: «Se potessi tornare indietro, non farei X Factor. E non prenderei sul serio Asia Argento, o meglio non mi ci innamorerei»
Perché?
«Perché non si non si può essere innamorati di una persona che non è in grado di amare. E’ una pazzia».
Cos’è dunque per lei l’amore?
«L’amore è una nuova forma di follia perché è muto, è cieco, è sordo e non gli importa di mettersi a ragionare: ha a che fare con la pazzia. Oggi c’è un forte senso di disgiunzione, più che di unione. C’è troppa facilità nei rapporti e ciò li rende inconsistenti. Io sono un uomo molto romantico e sentimentale, mi piace accompagnare le parole ai gesti perché ritengo che l’amore vada agito e non solo provato».
A proposito di X Factor. riferendosi alla sua partecipazione al talent, dice addirittura di vergognarsene. C’entra qualcosa Fedez in questa decisione o è solo un pettegolezzo?
«Ma stiamo scherzando? Ma io non so neanche chi sia Fedez! Cioè, non posso abbandonare X Factor per una persona che non riesco nemmeno a vedere. Pensi che volevo intitolare il mio album “Mi han detto che Fedez è morto”. Ovviamente scherzo, fa ridere però! Mi hanno detto che ha fatto un disco che si chiama Pop-Hoolista… gli faccio tanti auguri. In realtà l’estate scorsa, mi ha fatto sentire Pop-Hoolista, chiedendomi se andavo a Sanremo con lui. Gli ho risposto che ci pensavo e ci sto ancora pensando! E secondo me se l’è presa un pochino».
Lei ha due bambine: Anna Lou, nata dalla relazione con Asia Argento e Lara, nata dalla relazione con Jessica Mazzoli. Che tipo di padre tenta di essere?
«Sono un padre molto pio. (ride). Sono un padre giocherellone, mi piace giocare tantissimo anche con le parole. Sono un padre che parla, che dialoga ed è complice. Diciamo che, mentre la madre lo porta dentro si sé il figlio, il padre ha il ruolo di portarlo nel mondo. E io sono un padre di questo tipo».
Non le piacerebbe avere presto anche un figlio maschio?
«Ma io avrò solo figlie femmine! Sono cresciuto in una famiglia piena di donne. Mio padre se ne è andato presto, per cui a casa vivevo con mia madre, mia zia, che veniva a trovarci ogni giorno, e mia sorella, che poi ha avuto una figlia femmina. Se aggiungi nonne, zie, prozie e amiche diventa un gineceo, praticamente. Questo però mi ha dato la possibilità di imparare a lavorare a maglia, fare l’uncinetto. Sembrerà assurdo, ma da bambino mi applicavo a fare cose molto femminili, senza però distorcere la pulsione sessuale nei confronti della donna. Ho conosciuto bene le donne rimanendone attratto. Questa femminilità si manifesta nelle mie maniere gentili e nell’assenza di machismo. Ma ciò non vuol dire assenza di virilità, attenzione. Essere forti non vuol dire necessariamente essere prepotenti. Maschio non è sinonimo di macho. Io ho iniziato a truccarmi a sedici anni perché ne facevo un fatto teatrale, non perché volevo essere donna, anzi. Tanti grandi artisti lo facevano: David Bowie, i Queen, i Kiss. Ho sempre avuto questo pallino del rock and ‘roll».
L’11 ottobre del 1988 lei è stato colpito da una grande tragedia: il suicidio di suo padre. Come ha vissuto e come continua a vivere questo dramma?
«Da un certo punto di vista mi ha aperto certe strade, certe possibilità e, soprattutto, mi ha fatto crescere prima del tempo. Sono entrato in contatto filosoficamente con i concetti di suicidio, morte, abbandono del mondo e della vita volontariamente. Mi sono addentrato, violentemente direi, nella filosofia esistenzialista. Perdere un genitore così è la cosa più brutta che ti possa capitare. Si reagisce con una grande malinconia e tristezza. Viene da pensare che bisognava salvarlo e invece non si è potuto. Mi rimarrà sempre, per tutta la vita, il rimpianto di non essere riuscito a salvare un’anima in pena. Grande compassione, grande tristezza».
Il 3 febbraio 2010, a causa di una sua dichiarazione controversa sull’uso della droga, è stato escluso da Sanremo. Cosa le ha dato più fastidio?
«Senza dubbio l’umiliazione e la relativa perdita di credibilità. Ho reagito con sdegno».
Quindi non si presenterà più a Sanremo?
«Semmai lo farò sarà da direttore artistico e solo quando quelli che lo gestiscono avranno fatto il loro corso».
A fine anno usciranno i suoi nuovi album.
«Diciamo che la musica che ho scritto negli ultimi tempi si può suddividere in due grandi filoni: uno è quello sociale, l’altro sentimentale. Uscirà un disco di musica sentimentale, il titolo in italiano è “A favore del cuore”, seguito da un album con i Bluvertigo e una raccolta di canzoni di Beethoven».
La sua canzone “Altrove” contiene una frase bellissima: “Applico alla vita i puntini di sospensione…” Quando è stata l’ultima volta che ha applicato i puntini di sospensione?
«Adesso. I puntini di sospensione non sono due, ma tre. Perché il tre vuol dire l’infinito. Uno è l’unità, due è il dualismo o comunque un mondo chiuso, il tre, invece, apre alla stringa infinita dei numeri. Dal tre si pensa che ci sia qualcosa che continui per cui diventa l’elemento dell’infinito. Ecco perché applicare alla vita i puntini di sospensione vuol dire aprire ad ogni possibilità l’infinito, andare avanti, avere un’esistenza spinta, slanciata, proiettata verso il futuro. Un futuro da vivere».
Angela Failla
© Intervista pubblicata su Visto n.39 – 24 settembre 2015, pp. 28/30